I giovani Italiani vivono, ormai da qualche tempo, nella costante ricerca della propria realizzazione lavorativa e di conseguenza, con ottica più lungimirante, anche quella finanziaria.
Essere giovani oggi non è la stessa cosa che esserlo stati negli spumeggianti anni ’70 o ’80.
Il mercato del lavoro pullulava di domanda, il boom economico del paese trainava gli spiriti dei giovani Italiani verso le immense possibilità che si aprivano dinanzi a loro. Certo, si potrà obiettare, erano “altri tempi”.
Lo erano, eccome. Un giovane venticinquenne poteva essere facilmente inserito in aziende che vivevano uno dei periodi più raggianti del contesto economico e industriale Italiano e che di conseguenza aprivano le porte delle loro sedi alle nuove e rampanti generazioni, le quali rimanevano fedeli all’azienda (nella maggior parte dei casi) fino al pensionamento.
Ciò, nel tempo, ha creato la generazione di Italiani, ora pensionati o quasi, più ricca di sempre.
Questo è un assoluto bene, un giovane Italiano medio (dei giorni nostri) ha avuto un’infanzia agiata (se rapportata a quella dei nostri genitori), la possibilità di avere un’istruzione, di viaggiare, di iscriversi (volendo) all’università e vivere una vita tutto sommato serena.
Mentre però i nuovi giovani crescevano, si è assistito ad un lento ma inesorabile declino del sistema Italia sotto vari aspetti, anche quello della previdenza. Elencare le cause di questo declino non è il fine di questo articolo, ma le conseguenze sono chiare e visibili a tutti noi.
Veniamo quindi ai nostri giorni.
Un giovane che inizia a lavorare oggi in Italia andrà in pensione, secondo le ultime ricerche dell’OCSE, a 71 anni (va bene che l’aspettativa di vita media aumenterà, però..) in un mondo del lavoro in cui la permanenza media in azienda è di 4.2 anni (generando gap contributivi) ed avendo pagato per l’intera vita lavorativa le pensioni di coloro che, seppur in buona fede, percepiscono più di quanto abbiano mai contribuito.
Ma il grande problema è un altro. Dopo aver lavorato una vita e più, il giovane Italiano di oggi riceverà una pensione che verosimilmente sarà ridotta del 60% rispetto all’ultimo reddito percepito. Se, in aggiunta, questo giovane sarà stato “matto” abbastanza da intraprendere la libera professione…la percentuale aumenta al 70%.
Ciò significa, in parole povere, ricevere il nulla dall’INPS, se non poche briciole.
All’idea, mi viene un piccolo brivido dietro la schiena.
La soluzione per nostra fortuna c’è, ed è il c.d. “fai da te”.
Si, fai da te, invece che sperare in un altro miracolo (?) Italiano che possa salvarci dalla povertà senile.
Questo Fai da te si traduce nell’adesione alla previdenza complementare.
Una seconda pensione che andrà ad integrare quella pubblica.
L’adesione è libera e permette anche, e soprattutto, il versamento del TFR (per i dipendenti).
Ciò ci consentirà di colmare questo gap del 60% e 70% e poter avere una pensione che non ci costringa a cambiare stile di vita (a 70 anni circa).
Chi prima aderisce più beneficerà dei rendimenti del Fondo Complementare in aggiunta agli enormi benefici fiscali sui versamenti aggiuntivi da parte dell’aderente (in questo senso lo Stato stesso è ben conscio del problema).
Le forme di previdenza complementare sono varie, più o meno efficienti.
Trovare la forma più adatta alle nostre esigenze ed al nostro lavoro ci permetterà di vivere una pensione serena.
Riflettiamo quindi sull’importanza, vera, del pensare seriamente, oggi, a quella che sarà la nostra vecchiaia, indipendentemente dalla nostra età attuale.
É un problema certo, è lì che ci aspetta. Non ignoriamolo e facciamoci un favore integrando la nostra pensione di base con una seconda pensione e tutelando il nostro tenore di vita una volta terminata l’attività lavorativa, così da poter un giorno guardare indietro e darci una bella pacca sulla spalla dicendoci “BRAVA/O!”.